Intervista a Gabriele Labanauskaité

Originally published on the 9th of November 2015

Il TARP – Audiovisual Poetry Festival (Lituania) ha raggiunto quest’anno la decima edizione. Ce ne parla l’ideatrice, la poetessa Gabriele Labanauskaité.

Dal 15 al 19 Settembre si è svolto, come sempre a Vilnius (Lituania), il TARP AUDIOVISUAL POETRY FESTIVAL, l’unico festival di poesia audiovisiva dei paesi Baltici.

Sperimentale e fortemente interdisciplinare – il suo stesso nome, “Tarp”, significa infatti “nel mezzo” – il festival è giunto quest’anno alla sua decima edizione. Per festeggiare questo importante traguardo e per saperne di più, abbiamo intervistato la fondatrice nonché poeta e scrittrice Gabriele Labanauskaitė.

GG: Cara Gabriele. Innanzitutto grazie per l’intervista e tanti auguri al TARP che quest’anno festeggia 10 anni. Se consideriamo che inizialmente il festival si svolgeva in un centro di riabilitazione mentale molto simile a uno squat – come riportato all’interno del sito ufficiale – e se poi consideriamo il tema non proprio “di massa” del festival e il fatto che esso si basi su prestazioni del tutto volontarie, la domanda sorge spontanea: come siete riusciti ad arrivare alla decima edizione, divenendo tra l’altro un festival internazionale e non più underground?

GL: La spinta più grande è venuta da una grande fede nelle nuove forme d’arte e dal desiderio di sperimentare e di unire delle persone che lavorano in maniera interdisciplinare. Inoltre, essendo io stessa un’artista di poesia sperimentale, è stato molto importante per me creare e sostenere un terreno utile per lo scambio e la presentazione di diverse forme di poesia al pubblico. Ho iniziato completamente da sola, invitando gli artisti ad esibirsi al TARP e ho poi continuato con sempre più persone che si sono aggiunte ogni anno per aiutare ad organizzare il festival su una base totalmente volontaria. Ora siamo un team di più di dieci persone provenienti da diversi campi artistici diversi ed è così che riusciamo a gestire un festival internazionale.

GG: Cosa è cambiato in questi 10 anni nel festival e nella scena poetica sperimentale lituana e mondiale secondo te?

GL: Quando undici anni fa ho voluto incentrare la mia tesi di dottorato sulla analisi della poesia audiovisiva in Lituania, un professore che faceva parte della commissione di ammissione agli esami disse che non esisteva una poesia del genere in Lituania. Ed io risposi che se non vi era una tale poesia, ci sarebbe stata. Ero giovane, ambiziosa e rivoluzionaria all’epoca. Così ebbe inizio il festival, in un contesto in cui non vi era la alcuna comprensione di un concetto più ampio di questo tipo di poesia. Credo che durante questi dieci anni abbiamo creato una piattaforma amichevole per la creazione, la sperimentazione e la presentazione di diversi tipi di forme poetiche. Per esempio, all’esame di letteratura per conseguire il diploma alla Lithuanian National School c’è già una domanda sulla poesia audiovisiva e le sue possibilità. Penso che questo sia davvero un passo enorme rispetto al parere del professore.

GG: Quali sono state le novità di quest’anno e come è stata la risposta del pubblico?

GL: La novità principale di quest’anno ha riguardato l’audiozine TARP appena uscita, che unisce musica e poesia presentando delle registrazioni di poeti che leggono i propri testi nei loro luoghi preferiti (campi di calcio, nei pressi dei laghi etc,). È possibile ascoltare l’audiozine TARP in qualsiasi momento sul nostro sito.

GG: Il tema di quest’anno, “Inter­States”, pone l’accento sull’arte come processo piuttosto che come punto d’arrivo. Potresti approfondire questo concetto?

GL: Credo fortemente che abbiamo così tanti risultati intorno a noi e non abbastanza gioia per rilassarci e concentrarci sul processo in sé. A volte anche correre verso il risultato, dimenticando il processo, porta a stress e responsabilità troppo grandi. Il Festival TARP nel corso di questi dieci anni ha avviato molti laboratori e reti, cercando di aprire la fantasia e godere del processo del possibile semplicemente per creare nuovi, a volte brevi momenti di cose vive: poesie a fumetti, jam session di poesia, letture al buio ecc. Ciò può essere definito in tutti i sensi un “Inter­States” per forma, contenuto e qualità professionale, in quanto solitamente si tratta di eventi interattivi e tutto il pubblico vi può partecipare.

GG: Proprio in virtù di questo aspetto “in fieri” delle opere artistiche, quali sono secondo te le misure migliori per una corretta conservazione delle stesse?

GL: Potrebbero semplicemente essere registrate e condivise su un sito web o da qualche parte online consentendo, anche per un breve periodo di tempo, alle persone di accedere facilmente alle opere. E ancora – la registrazione e l’archiviazione di opere creative non significa necessariamente registrare il risultato, o almeno non è questo l’obiettivo principale.

GG: Alla conferenza di Agosto organizzata dalla Electronic Literature Organization a Bergen è stato dato ampio spazio alle realtà artistiche solitamente ai margini o comunque poco considerate dalla critica. Qual è il vostro rapporto con ELO e con le istituzioni che si occupano di letteratura elettronica? Vi sentite rappresentati e/o supportati? Esiste secondo te una comunità forte all’interno del settore?

GL: Purtroppo, non ho partecipato alla conferenza, ma conosco alcune persone che si occupano di letteratura elettronica a Bergen. Mi auguro che la nostra collaborazione in futuro possa essere più attiva.

GG: Da poeta e curatrice, che consiglio daresti a un aspirante artista?

GL: Consigli molto semplici, che forse sono le basi per qualsiasi tipo di artista: una forte passione per ciò che si sta facendo, pensiero aperto e collaborazione. E poi … lavorare, lavorare, lavorare. Se lo amate, diventerà un grande piacere che occuperà la maggior parte della vostra vita privata.

GG: Puoi dirci qualcosa circa le novità della prossima edizione?

GL: Il prossimo anno ho promesso a me stessa di prendermi una pausa. Ma è una promessa che mi faccio ogni anno, senza successo, come si può vedere. Ma dieci anni di fila è davvero un buon motivo per fermarsi e ripensare agli obiettivi e alle ragioni per cui facciamo ciò che facciamo.

GG: Un’ultima domanda: quale sarà secondo te il futuro della poesia sperimentale?

GL: Potrebbe accadere che la gente si stancherà delle possibilità tecniche e potrebbe desiderare qualcosa di semplice come una pagina bianca di carta con del testo sopra. Ma la poesia sperimentale non è un’alternativa a una pagina bianca. A mio parere si tratta di un genere autonomo, che potrebbe utilizzare il foglio di carta bianco come uno strumento, ma questo è tutto. La fantasia ci può portare molto lontano – chissà, forse il centesimo anniversario del TARP si festeggerà sulla luna leggendo poesie annusando l’alfabeto?

Ringraziamo ancora Gabriele Labanauskaitė per la sua disponibilità e ricordiamo il sito del TARP per non perdere gli aggiornamenti del festival.