Intervista ai curatori di “A Matter of Bits”

Originally published on the 2nd of June 2016

“Electronic Literature: A Matter of Bits” è il titolo della mostra che si è svolta dal 19 gennaio al 21 aprile 2016 presso The Stedman Gallery del New Jersey (USA).Sponsorizzata dal Digital Studies Center e curata da Jim Brown (Director) e da Robert Emmons (Associate Director), la mostra presenta oltre 50 opere provenienti da tutto il mondo, dai “classici” – come la raccolta di computer poems “First Screening” di bpnichol (1984), l’hypertext fiction “Uncle Roger” di Judy Malloy (1986) e l’opera multimediale di John McDaid “Uncle Buddy’s Phantom Funhouse” (1992) – alle opere più recenti, molte delle quali inserite nella Electronic Literature Collection #3, lanciata il 18 febbraio proprio durante la mostra.Attraverso la rappresentazione di un’ampia gamma di dispositivi utilizzati negli anni dagli autori di letteratura elettronica – dal Commodore 64 al Microsoft Kinect, dai bot alla C.A.V.E, dall’attrezzatura per VR e AR fino alle app per dispositivi mobili – la mostra intende mettere in discussione il luogo comune secondo cui la letteratura elettronica sarebbe del tutto effimera e priva di quella materialità che invece contraddistingue la letteratura a stampa.Esplorando le interrelazioni tra materialità e virtualità, contenuto e forma, significato e percezione sensoriale, “A Matter of Bits” si propone, e ci propone, una riflessione accorta sui cambiamenti presenti e futuri occorsi nei nostri modi di pensare, scrivere, leggere e interagire con le tecnologie informatiche.Per approfondire il discorso, abbiamo intervistato i curatori della mostra, dott. Brown e dott. Emmons che hanno gentilmente accettato di rispondere alle nostre domande.Buona lettura e fateci sapere cosa ne pensate!

GG: La prima domanda va al titolo della mostra: “A Matter of Bits”, in cui “matter” può significare sia “argomento” sia “materiale”. Curiosamente nel 1985, un’altra mostra storica dedicata alla letteratura elettronica aveva un nome opposto a quello da voi scelto (ci riferiamo alla mostra “Les Immatériaux” del Centre Pompidou di Parigi). Potete parlarci meglio del titolo da voi scelto?

B&E: Questo cambiamento generale dal percepire la letteratura elettronica come immateriale a comprenderne invece i vari tipi di materialità di cui è composta è esattamente il fulcro dell’esposizione. “Electronic Literature: A Matter of Bits” presenta una gamma di materiali. Si tratta di mostrare che la letteratura elettronica va oltre gli schermi, le tastiere e i mouse. Coloro che creano e studiano letteratura elettronica hanno lavorato per un buon decennio al riorientamento del letterario in ambiente elettronico e a correggere la supposizione che la letteratura elettronica sia in qualche modo qualcosa di immateriale. Questa supposizione è, almeno in parte, basata su un confronto con la stampa che sembra più materiale dato che possiamo tenere l’oggetto nelle nostre mani. Inoltre, il fatto che un testo elettronico può essere riprodotto in più posti allo stesso tempo induce molti a vedere la letteratura elettronica come qualcosa di effimero. Tuttavia se studiamo la letteratura elettronica nei suoi propri termini, apprendiamo che non è per niente immateriale. Software, hardware, server, cavi, interruttori, silicio e molto altro – tutte queste cose devono essere a posto e funzionare affinché un’opera di letteratura elettronica possa essere eseguita e offrire un’esperienza letteraria. Oltre a sottolineare i vari materiali di cui è composta la letteratura elettronica, la mostra mirava anche a allargare l’idea che la letteratura elettronica fosse confinata negli schermi del desktop oppure dei dispositivi mobili.

Certo, in “A Matter of Bits” c’erano indubbiamente numerosi schermi, ma questi erano accompagnati da una serie di altri materiali. Typomatic (un distributore automatico di poesie), ad esempio, usa un font concepito da Pierre Fourney per stampare poesie composte da una sola parola su nastri di carta. Ma questo non è che un primo esempio se si vogliono tracciare tutte le materialità complesse presenti in “A Matter of Bits”. Da “Reading Glove” che usa etichette che sfruttano il sistema RFID (Radio Frequency Identification) per permettere all’interattore di raccogliere oggetti e interagire con una storia a “Everyone at This Party is Dead” di Caitlin Fisher, che si avvale degli Oculus Rift per immergere il pubblico pienamente in un mondo virtuale, è chiaro che questa esposizione espande in modo radicale la nostra nozione di quali interfacce e quali tecnologie stanno dando forma alle esperienze letterarie contemporanee. Al di là di queste domande di come la materialità si interseca con e anima la letteratura elettronica, c’è anche un problema del tutto pratico relativo alla materialità quando si tratta di installare un’esposizione di questo tipo. “A Matter of Bits” è la prima grande mostra che abbiamo curato. Da curatori siamo stati subito coinvolti e abbiamo apprezzato molto presto ciascuna di queste opere. Comunque, il nostro rapporto con ogni opera è andato ancora oltre e il tema dell’esposizione è cresciuto in qualcosa di più significativo quando abbiamo realizzato che il tema era qualcosa di più di una idea ingegnosa . Queste opere di letteratura elettronica richiedevano più di un chiodo nel muro della galleria. Certo, ogni opera presenta un tipo di materialità, dalla tecnologia adoperata per la sua creazione a quella usata per la sua presentazione finale e per la partecipazione del pubblico. Ma per noi esse esigevano e richiedevano un rapporto molto reale con il materiale per realizzare e fare funzionare ciascuna opera. Per noi, alla fine, tutto ciò che importava era far funzionare ogni singola opera. Dal semplice – salvare i file HTML, installare software, lanciare i CDROM – al molto tecnico – rimpiazzare i dischi rigidi e le schede video, scrivere codice, aggiustare il codice non funzionante­ al prettamente fisico – installare e far funzionare l’impianto elettronico, montare computer, proiettori e altri hardware. Questa mostra ha richiesto che ci sporcassimo le mani nelle viscere della macchine. In questo senso, l’esposizione è una questione di bit e di atomi e noi abbiamo dovuto occuparci con molta attenzione di entrambi per far funzionare ciascuna opera.

GG: Perché avete deciso di fare una mostra sulla letteratura elettronica?

B&E: Dal lancio ufficiale del Digital Studies Center presso il Rutgers­Camden nel novembre del 2014, sapevamo che volevamo montare un’esposizione per mostrare alla comunità del campus e al pubblico che cosa esattamente “sta succedendo” nel Digital Studies Center. Le persone sentono il nome e hanno qualche idea di cosa significhi “digital studies”, ma noi abbiamo voluto andare oltre e “mostrare” cosa siano i digital studies. Abbiamo messo insieme delle possibili idee per una grande mostra e nell’autunno del 2015 abbiamo realizzato una piccola esposizione nella quale abbiamo presentato delle opere digitali tratte da Hypperrhiz: New Media Cultures, an online journal. La mostra Hyperrhiz presentava opere di arte digitale, letteratura elettronica, varie animazioni, film, installazioni e sculture sonore . Il tema della rivista era “Kits, Plans, and Schematics” e Hypperhiz ha pubblicato gli artefatti testuali associati con queste opere – i loro kit, piani e schemi. Nella nostra esposizione ci siamo concentrati sul trasporre questi artefatti testuali bidimensionali in uno spazio fisico. Abbiamo avuto l’impressione che questa mostra sia riuscita bene a dimostrare quanto sia importante esporre tali opere digitali, per mostrare che non si tratta solamente di accedere a cose su degli schermi. Il successo di questa piccola esposizione ci ha dato la fiducia necessaria per realizzare una esposizione su grande scala nella quale esporre opere di letteratura elettronica. Abbiamo scelto la letteratura elettronica per varie ragioni. In primo luogo il Digital Studies Center è un membro attivo della Electronic Literature Organization (ELO). In secondo luogo la ELO era sul punto di lanciare il terzo volume della Electronic Literature Collection dal quale derivano molte opere dell’esposizione. Infine abbiamo pensato che la etteratura elettronica mostrasse, nelle sue diverse e varie modalità, cosa sono e cosa potrebbero essere i digital studies.

GG: Com’è stata l’affluenza del pubblico?

B&E: L’affluenza ha superato le nostre aspettative. Più di 2.000 persone hanno visitato l’esposizione. Lo staff e i volontari della Stedman Gallery la hanno resa accessibile durante tutta la settimana, nei fine settimana e durante eventi speciali, così abbiamo potuto beneficiare ampiamente della loro assistenza e della loro promozione dell’esposizione. Abbiamo anche riflettuto a lungo sulla creazione di un’esposizione che sarebbe potuta piacere a un pubblico vasto. Oltre a realizzare vari tour programmati e improvvisati, abbiamo programmato anche una serie di workshop pertinenti alle opere dell’esposizione. Le presentazioni e i workshop comprendevano la creazione di Twitterbot (condotto da Allison Parrish), la letteratura elettronica per bambini (condotto da Mark Marino), i fumetti digitali (condotto da Stevan Zivadinovic), la traduzione della letteratura elettronica (condotto da Nick Montfort) e la poesia elettronica (condotto da Jason Lewis). Abbiamo intercettato un pubblico di adulti e di bambini come anche quello di discipline specifiche dell’università.GG: Che tipo di pubblico c’è stato e quale si è dimostrato più curioso/interessato?B&E: Come abbiamo detto sopra, abbiamo cercato di creare un’esposizione per un pubblico vario. Abbiamo fatto delle guide con degli alunni della città di Camden, insegnanti di sostegno, studenti e laureati di diverse discipline come inglese, informatica, spagnolo, biologia e arte. Abbiamo anche fatto dei workshop all’interno della English Graduate Student Conference e della E­Learning Conference presso il campus della Rutgers­Camden. Dato che abbiamo esposto alcune opere in lingua spagnola, il dipartimento della lingua ha integrato la mostra nel suo corso di studio.

GG: La mostra presenta sia “classici”, sia lavori recenti, alcuni dei quali inseriti nella ELC #3. Quali sono secondo voi gli aspetti (tecnici, estetici, tematici) di continuità e di rottura, se ci sono, in questo “percorso” della letteratura elettronica?

B&E: Durante il lancio ufficiale del terzo volume della Electronic Literature Collection (che ha avuto luogo nella Stedman Gallery durante la mostra), uno degli editori della ELC, Jacob Garbe, ha detto al pubblico che uno degli aspetti unici di “A Matter of Bits” era che permetteva alle persone di rivivere quasi quaranta anni di storia della letteratura elettronica nello spazio di un’unica esposizione. Questo ci ha reso molto fieri e siamo stati entusiasti che durante un’unica visita della galleria il pubblico potesse interagire con opere di epoche completamente diverse, come “PRY“, un romanzo un romanzo scritto per iPad, e “Uncle Buddy’s Phantom House” di John McDaid, un’opera di letteratura elettronica che usa l’ormai defunto software HyperCard. Pensiamo che l’esposizione abbia mostrato sia le continuità sia le rotture. Per esempio, nel corso dei decenni rappresentati in questa mostra, affiora l’impegno di allargare le capacità della parola scritta, spingendo i limiti di ciò che è possibile con il linguaggio. Anche opere che potrebbero fare maggiore affidamento sulle immagini e sul suono sperimentano sempre il potenziale del linguaggio. Se c’è stata una rottura, potrebbe risiedere nel fatto che molte opere contemporanee chiamano l’attenzione sul corpo dell’interattore in modi interessanti. Tendiamo a dimenticare che quando leggiamo il nostro corpo è completamente coinvolto in questa esperienza. Leggere letteratura a stampa è diventato un tale luogo comune che il gesto di girare le pagine o di piegare il collo sono notati meno facilmente. Ma opere come “Grita” di Jose Aburto che richiede che il lettore urli in una scatola rossa brillante per leggere le poesie oppure “Enter:in’ Wodies“ di Zuzana Husárová e Lubomír Panák che usa Microsoft Kinect per coinvolgere pienamente il corpo del lettore, sono dei eleganti promemoria che ricordano come il corpo sia integralmente coinvolto nel processo di lettura o di interazione. Queste idee si ritrovano anche in molte opere storiche, per cui affermare che questa sia una rottura non è del tutto preciso. Tuttavia abbiamo visto che molte opere contemporanee, specialmente quelle concepite per essere esposte in gallerie, sollevano questa questione della corporeità in un modo particolarmente evidente.

GG: Molte opere di letteratura elettronica sono caratterizzate da effetti audio­visivi e elementi ludici che coinvolgono il lettore sia al livello sensoriale sia nella creazione dell’opera. In che modo queste innovazioni tecnologiche hanno modificato l’estetica letteraria?

B&E: L’esperienza letteraria è sempre stata collaborativa. Anche nella tradizione orale e a stampa gli autori creano mondi immaginari che poi il loro pubblico deve attualizzare in vari modi. Comunque sembra vero che molte opere di letteratura elettronica incrementino questa collaborazione, richiedendo al lettore di formare attivamente il significato e gli esiti di un’opera. Ciò richiede agli artisti e ai critici di ricalibrare il loro approccio a qualsiasi artefatto letterario, ma dimostra anche che si può avere letteratura in una vasta gamma di media.

Questa è una affermazione controversa in un certo senso, dato che molti argomenteranno che la letteratura è legata alla parola stampata, ma il nostro lavoro con “A Matter of Bits” ci ha esposti a così tante opere innovative che usufruiscono di così tanti diversi media che è diventato quasi impossibile per noi separare l’esperienza letteraria da quella multimediale. In effetti la letteratura elettronica potrebbe anche offrirci un’opportunità per ripensare la nostra nozione di estetica letteraria in generale. Cosa potremmo imparare da forme di letteratura precedenti se le affianchiamo alle opere di letteratura elettronica? Quali nuove questioni estetiche o modi di lettura che abbiamo imparato dalla letteratura elettronica potremmo riportare nella letteratura a stampa?

Questo è un approccio che diventa importante soprattutto una volta che si pensa ai testi di letteratura elettronica come materiali, piuttosto che immateriali. Occuparsi della materialità della letteratura elettronica potrebbe inoltre permetterci di considerare quali materialità della letteratura a stampa sono passate inosservate.

GG: Quali sono secondo voi le strategie migliori per conservare le opere letterarie elettroniche in modo da poter esporre e consultare quelle opere che sono fruibili solo su dispositivi obsoleti come ad esempio il Commodore 64?

B&E: L’archiviazione e la conservazione di opere di letteratura elettronica sono con tutta evidenza delle problematiche importanti. Avere accesso a materiali di archivio è stato di grande importanza quando abbiamo collezionato e installato questa esposizione. La missione della Electronic Literature Organization di conservare e archiviare copie delle opere è stata fondamentale per il montaggio della nostra mostra e il terzo volume della ELC è particolarmente innovativo in questo senso. Ciascuna opera è stata archiviata in molti modi, a volte offrendo al pubblico sia i file eseguibili sia i video dell’opera in azione. Ma per tornare alla nozione di materialità, anche gli archivi materiali sono risultati fondamentali per l’esposizione. Per esempio, avere accesso a vari dischetti e CD­ROM, all’hardware come anche ai codici conservati su carta ha reso possibile la mostra. C’è bisogno di un archivio che riconosca i vari materiali usati nella letteratura elettronica.

GG: In che modo secondo voi la letteratura elettronica può aiutarci a riflettere sulle sfide e sui cambiamenti apportati al nostro modo di leggere, pensare, vivere dalla società dell’informazione contemporanea?

B&E: La letteratura elettronica ci permette di vedere come le tecnologie informatiche stanno dando forma al nostro mondo. In “Electronic Literature: New Horizons for the Literary“ Katherine Hayles sostiene che la letteratura elettronica rivaluta il calcolo e noi siamo pienamente d’accordo con questa argomento. Spesso pensiamo alle tecnologie informatiche come strumenti concepiti per compiti particolari e come cose che sono state progettate per cadere nello sfondo delle nostre vite. Notiamo queste tecnologie solo quando si rompono. In un certo senso la letteratura elettronica rompe le tecnologie informatiche per creare esperienze letterarie, portando queste tecnologie in superficie e mostrando la loro importanza culturale, storica e politica. Il nostro esempio preferito in tal senso è il linguaggio di programmazione arabo realizzato da Ramsey Nasser. Mentre a molti potrebbe sembrare strano che un linguaggio di programmazione venga considerato come un’opera di letteratura elettronica, l’opera di Nasser è sia uno splendido coinvolgimento con il linguaggio sia un’importante affermazione politica su come l’inglese domini il mondo della programmazione dei computer. Con la creazione di un linguaggio con il quale molti dei visitatori della nostra galleria non potrebbero mai scrivere un codice (neanche i programmatori!), Nasser ha fatto un’importante affermazione sulle culture e le ideologie inserite nei nostri strumenti di scrittura contemporanei. Questo è solo un esempio di come la letteratura ci aiuta a guardare più da vicino all’affidamento che il mondo contemporaneo fa sulle tecnologie informatiche.

GG: Secondo voi cosa si potrebbe fare per una maggiore diffusione internazionale della letteratura elettronica?

B&E: Una cosa che ci ha entusiasmati quando abbiamo curato l’esposizione è che questa diffusione sta già avvenendo. Questo è forse più evidente nella fiorente comunità dei Twitterbot. Molti di questi bot sono stati esposti negli schermi della Stedman Gallery e attingevano a una tradizione di scrittura concettuale e procedurale. Un Twitterbot è un bell’esempio di opera contemporanea che ricorre alla lunga storia (e preistoria) della letteratura elettronica. Questi pezzetti di codice che generano Tweet di 140 caratteri sono in linea con l’approccio alla scrittura dell’OULIPO. Non solo i Tweets sono generati in modo procedurale per mezzo di vincoli imposti dal sistema informatico, ma Twitter impone inoltre una limitazione di 140 caratteri per ogni tweet. Questi bot godono di un grande pubblico a livello mondiale e il fatto che sono rappresentati nella ELC dimostra che la ELO sta riconoscendo che la letteratura elettronica è una categoria estesa. Oltre a diffondere le opere di letteratura elettronica a un pubblico sempre più grande, pensiamo che strumenti come Twine stanno continuando a rendere più semplice la creazione di opere di letteratura elettronica per un numero crescente di persone. Mentre la storia dell’informatica mostra molti esempi di piattaforme concepite per permettere a sempre più persone di programmare i computer, stiamo vedendo ora l’ascesa di piattaforme come Twine che sono sia relativamente facili da usare sia specificamente concepite per espressioni letterarie. Infine pensiamo che il terzo volume della ELC faccia dei importanti passi verso il riconoscimento di contributi di scrittori e artisti provenienti da tutto il mondo, sia nel corso della storia, sia ai giorni nostri. Dalle prime opere di Ana Maria Uribe agli artisti contemporanei come Vinicius Marquet, le opere e gli autori rappresentati nella terza edizione della ELC dimostrano che la letteratura elettronica è sempre stata un fenomeno multilingue e globale.

GG: Secondo voi cosa ci riserva il futuro della letteratura elettronica?

B&E: Siamo reticenti nel fare previsioni, ma pensiamo che lavorare a questa esposizione ci ha mostrato che la letteratura elettronica continuerà a trovare il suo cammino nelle nuove forme e nelle nuove piattaforme e che al contempo reinventerà le piattaforme esistenti. Pensiamo che una delle cose principali sia che la letteratura elettronica ci fornisca un senso allargato di cosa sia possibile fare con le tecnologie informatiche. Che sia l’Oculus Rift o il Microsoft Kinect o anche le opere che usano HTML/CSS e Javascript, queste opere ci ricordano che ci sono così tante possibilità di espressione a disposizione se ci riorientiamo verso gli strumenti che ci circondano. Inoltre, siamo contenti che oggetti elettronici che in precedenza sono stati considerati completamente separati dalla letteratura elettronica, come i video giochi, stanno entrando ora nel discorso sulla letteratura elettronica. Speriamo che questa tendenza generale continui, dato che significherebbe che la letteratura elettronica possa arricchire queste altre aree e che la letteratura elettronica stessa possa continuare a trasformarsi e a crescere. La categoria della letteratura elettronica è forse più fluida che mai e pensiamo che ciò sia uno sviluppo ben visto.