Intervista con Daniela Calisi

Originally published here https://electronicliteraturereview.wordpress.com/2015/08/08/intervista-con-daniela-calisi/ on the 8th August 2015

ELR: Tra il 1997-1999 hai composto le poesie dinamiche e quindi sei tra i primi autori italiani. Come è nato il progetto e l’interesse per la letteratura elettronica? Da dove hai preso ispirazione?

Daniela Calisi: In realtà le mie prime prove sono del 93/94. Cercavo una forma poetica che mi permettesse di esprimere una molteplicità di voci e punti di vista che sono per me cangianti e in continua evoluzione. Cercavo di capire quale forma potesse avere la letteratura nell’epoca dei nuovi media, nell’epoca della televisione e della musica elettronica, del DNA ricombinante, della fisica quantistica.

All’interno di questo contesto che forma avrebbe preso il testo?

ELR: Nella mostra del 2013 hai esposto la tua Poetry Machine. Puoi spiegare il rapporto tra arte e le tue poesie?

Daniela Calisi: La prima Poetry Machine è del 2006. Volevo costruire qualcosa di “caldo”, quotidiano, portatile, tangibile e reale. Un oggetto non elettronico e non digitale che però è la conseguenza di un ragionamento, un’esperienza e di un processo che in gran parte lo sono.

Le Poetry Machines sono oggetti ibridi che passano varie volte dallo status materiale a quello digitale venendo riprese reinterpretate e arricchite ad ogni passaggio. Io tengo traccia di questi passaggi e li esplicito, dando vita ogni volta ad una evoluzione diversa dello stesso testo. Dopo aver finito di scrivere un testo, lo lascio sedimentare, a volte anche anni. Rileggendolo dopo sento sempre che vorrei precisarmi, dire meglio, approfondire o contraddirmi o anche solo giocare con quelle parole. Ho sviluppato un metodo per annotarmi queste correzioni con barre, parentesi e fratti. E’ una cosa che faccio a matita, su carta. Lo faccio varie volte, cercando dei punti di snodo tra le lettere da cui sviluppare le alternative. Ad un certo punto leggere quel testo comincia a diventare un procedimento un po’ complesso: ci vogliono le istruzioni.

Quando trascrivo il testo al computer lo faccio direttamente in html. Comincio a cercare di capire come far muovere le parti mutevoli, quale script usare, con quale interazione da parte del lettore. Faccio due o tre prove diverse, ciascuna mi prende qualche settimana, o qualche mese. Poi faccio una versione in Flash. Se si tratta di un testo ricombinante uso una struttura testuale a pettine, che ho progettato anni fa. Nell’ultima versione il codice pesca un file esterno in cui sono elencate le varie alternative per ciascun verso. Ogni verso è un oggetto che carica il suo contenuto dall’array esterno e gli applica un’animazione. Se invece il testo è mutante animo tutto a mano, lettera per lettera. Nel 2009 però ho scritto un pezzo di codice che “passa al setaccio” ogni lettera, parola e verso ed attribuisce ad ogni singolo elemento un nome univoco. In questo modo posso richiamare ogni singola lettera direttamente dal codice e attivare da lì i comportamenti.

Poi mi devo porre il problema della grafica, il font, le immagini. In genere lo faccio solo per la versione che poi pubblico su contentodesign.it. A volte faccio anche delle versioni in inglese o in francese. Quando comincio a pensare come realizzare la Poetry Machine, faccio prima dei disegni a mano. Poi vari prototipi in carta, utilizzando parti scorrevoli e finestrelle che si chiudono per riprodurre i movimenti del testo. A volte fotografo il meccanismo e ricostruisco l’interattività e i movimenti, aggiungendo ulteriori elementi al testo, in una versione digitale da pubblicare sul web. Per la realizzazione della macchina vera e propria ho sempre bisogno di un supporto sia tecnico che creativo: la prima volta ho lavorato con Enrico Saletti per le parti in legno, i meccanismi e la finitura a cera, e con Raffaella Brusaglino per imparare come realizzare il fondo e la scrittura del testo. Negli ultimi anni sto collaborando con Cristiana Daneo, una marionettista che inventa e costruisce meccanismi per il teatro di figura.

Quando è arrivato il Fab Lab a Torino ho pensato che fosse l’occasione per Ri-realizzare una delle macchine poetiche. Ho fatto un font con la mia calligrafia e vettorializzato i contorni di una delle versioni cartacee, mantenendo fedelmente tutti i difetti tipici di una cosa fatta a mano. Ho passato il file vettoriale alla macchina a intaglio laser intagliandone varie copie, su cartoncino e su legno. A questo punto con Cristiana abbiamo progettato e realizzato i meccanismi, montandoli direttamente sulla plancia di legno. Poi ho colorato a mano il testo intagliato e il fondo. Dal medesimo testo, anche nella versione inglese, abbiamo anche derivato quattro micro Poetry Machines funzionanti, in ottone e legno, indossabili come spille-gioiello.

Per me è l’insieme di tutte queste traduzioni dal reale a digitale e viceversa a costituire l’opera che è, quindi, anche procedurale e potenzialmente mai chiusa perché sempre passibile di una nuova traduzione.

Dall’altro lato ogni variante è, volendo, un oggetto d’arte a sé, godibile come tale ma che invita anche riflettere su quali siano le implicazioni del suo status, digitale o fisico: in quanto prodotto, opera da conservare o meno nel tempo e con che modalità, messaggio da diffondere ed esporre al pubblico e in base a quali presupposti.

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FOTO: UnDo.Net

ELR: Sul tuo sito spieghi il tuo concetto di testo; potresti ribadire i concetti più importanti?

Daniela Calisi:

"Il comportamento e il mutamento del testo nel tempo: un linguaggio che non é lineare, ma che esprime una complessità di voci. La capacità del testo di mutare la propria forma: cambiamenti di visibilità, di posizione, di forma, dimensioni e colore. la capacità del testo di mutare il proprio significato : la parola unita alle altre parole da rapporti di trasformazione, mutazione, permutazione, anagramma. la capacità del testo di reagire alle azioni del suo lettore, ma anche, in senso più ampio, i modi in cui il testo configura e consente questo rapporto di azione e reazione; “

Questo scrivevo nel 2001 su contentodesign.it e mi sembra sia ancora vero.

I concetti necessari sono 2: il trigger e il tempo.

Il trigger è la realtà esterna che scatena comportamenti nel testo: è ciò che fa partire le lancette.

Il tempo è inteso come tempo esterno al testo: ciò che accade nel mondo del lettore; quello interno al testo: tutte le diverse linee temporali che il testo performa; e quello costruito dal testo, che è il tempo del significato sia per come è raccontato sia per come è compreso.

Senza questi due elementi il testo non si può esplicare (unfold).

I testi che io definisco mutanti hanno una forma proteica, sono come un gomitolo. Possono essere asimmetrici nello sviluppo ma non hanno una struttura casuale.

Sia che la mutazione avvenga a livello del verso o della parola per me si tratta sempre di varianti che “scorrono” all’interno di una struttura ideale.

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All’interno di ogni linea scorrono le varianti del verso, all’interno di ogni verso le varianti della parola, all’interno della parola i frammenti, fissi e mutevoli, che ne generano le varianti.

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ELR: Secondo te le opere di create e fruibili su dispositivi elettrici possono essere definite letteratura? Dove vedi differenze e analogie tra editoria digitale e cartacea?

Daniela Calisi: Alla prima domanda rispondo di sì, io personalmente considero queste riflessioni nell’ambito della letteratura.

Riguardo all’editoria cartacea e digitale va prima di tutto chiarito un punto: l’intero processo di creazione e produzione di un libro, dalla scrittura alla stampa, è un processo digitale. Il prodotto finale che troviamo il libreria è il risultato fisico di un processo digitale.

Le questioni relative alla presunta rivalità tra libri digitali e libri cartacei sono in gran parte dovute ad aspetti che riguardano le vendite. In Europa ad esempio c’è una direttiva che impone una tassazione del 22% ai libri digitali, equiparandoli ai prodotti elettronici, mentre su quelli cartacei l’imposta è ridotta del 4% in quanto prodotti culturali. Pare assurdo che il medesimo libro sia o no prodotto culturale in base al supporto su cui lo si legge. E’ evidente che si faccia del protezionismo verso il libro cartaceo, e si può comprendere che si tema la sparizione di un prodotto di alto valore culturale.

Ma come dice Joe Clark in un vecchio articolo su alistapart.com: “Internet non ha rimpiazzato la televisione, che a sua volta non ha rimpiazzato il cinema, che non ha rimpiazzato i libri. Nemmeno gli e-book rimpiazzeranno i libri. Gli e-book sono libri, solo in un formato differente.”

Se prendiamo ad esempio il mercato statunitense vediamo che, a fronte del diffondersi dell’e-book, che alla fine 4 trimestre 2010 rappresentavano il 13.6% del mercato della narrativa e il 6% totale, i segmenti che hanno sofferto di più sono i generi commerciali (romanzo rosa, gialli e fantascienza) con una flessione del 26.6% dei tascabili per il mercato di massa. Allargando il quadro si scopre però che la saggistica e la narrativa rilegata non hanno subito flessioni particolarmente significative mentre globalmente il mercato è cresciuto del 2% e che quindi l’editoria tout-court non sta soffrendo.

Sembrerebbe quindi evidente che il futuro del libro vedrà una differenziazione del prodotto, in cui l’oggetto fisico assume le caratteristiche di un prodotto di lusso che si differenzia dall’oggetto digitale perché c’è un lavoro sulla forma cartacea che la rende un valore aggiunto per il contenuto. Dal punto di vista creativo poi si pongono altre problematiche: la maggior parte degli e-book sono trasposizioni digitali di libri cartacei. Oltre il supporto non c’è nessuna innovazione. I motivi sono vari ma ne cito solo qualcuno: Prima di tutto la semplice “conversione” di un libro da cartaceo a digitale ha costi bassissimi.

Amazon, il principale attore del mercato, vende solo in un formato, il .mobi, che non supporta interattività animazioni o altro, consente solo di ingrandire in un pop up alcune parti del libro.

Esistono ancora pochi autori “Digital first” cioè in grado di concepire un’opera pensata per il digitale. Coloro che fanno ricerca e sperimentazione in letteratura elettronica non hanno stretti rapporti l’editoria, si collocano piuttosto nell’ambito artistico o accademico, senza mai confrontarsi con le problematiche di pubblico e di mercato.

ELR: Dal 2013 sei collaboratrice nella startup PubCoder. A differenza degli e-book reader convenzionali il PubCoder offre tante opzioni innovative. Ce ne puoi spiegare alcune?

Daniela Calisi: Pubcoder è un software per creare libri altamente interattivi senza dover programmare. E’ stato pensato per permettere agli autori di nuova generazione di elaborare le proprie opere digitali senza doversi occupare del codice, concentrando i propri sforzi sul testo, le interazioni, le animazioni, la navigazione, i suoni, i video. Ovviamente però il codice è sempre accessibile, e volendo, si può intervenire in ogni punto.

Per ogni oggetto che si mette in pagina è possibile rilevare le interazioni del lettore, per esempio: quando tocca, quando accarezza, quando inclina lo schermo, quando lo scuote.

A ciascuno di questi eventi è possibile applicare dei comportamenti anche complessi semplicemente elencando la sequenza di azioni che si desidera vengano compiute.

Partendo da un medesimo testo interattivo è possibile derivare versioni differenti, per esempio per creare una navigazione alternativa o una traduzione, mantenendole tutte funzionanti nel medesimo progetto.

È una tecnologia facile da usare, scaricabile da internet, dal sito pubcoder.com, per la quale non servono grossi budget.

Una volta terminata l’elaborazione è possibile creare una app per Ios o per Android, un e-book in formato standard EPUB3 oppure .mobi e mettere in vendita la propria opera su tutti i principali negozi online.